Una vita normale

Una vita normale

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Marco Rovelli
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Per vedere il mare in Brianza Ci vuole cuore e tanta fantasia E tu che avevi il nome di Utopia Vedevi il cielo dentro la tua stanza Il cielo aperto che cade nel mare E il mare lo sa di non avere confini I confini son roba di piccola gente Che vive per poco e muore per niente Per vedere ciò che non si vede Bisogna avere fede e coraggio La fede che qualcosa deve accadere E il coraggio che chiede di volerlo vedere E la tua Utopia ha preso il largo a vent’anni Hai scelto l’aperto del mare, o del cielo Che poi è lo stesso concetto: Che qui c’è un mondo da fare E la tua Utopia è arrivata in barca a Gaza E lì ha preso casa In quella striscia di terra senz’aria C’è bisogno di respirare Navigare, navigare Mani ferme sul timone Con il sole sulla faccia Barra dritta, Utopia Navigare, navigare Con le ali di gabbiano Né bandiere né frontiere Il mare è di chi resta umano Le bombe cadevano, bruciavano i corpi Fiorivano gl’incubi al gelo del cielo Il piombo fuso colava, la gente crepava E non c’era misura per questo scempio, Per questo massacro portato ad esempio Al mondo intero, e allora scrivevi per farne figura, per toglier paura a chi non s'è arreso Dicevi dei segni lasciati nei sogni dei bimbi, i visi scalfiti da rughe dei vecchi che han visto due naqba e aspettan la morte così come han vissuto, e han vissuto in gabbia, e tu in quella gabbia sei voluto tornare, in nave, per mare, in migliaia erano al porto ad aspettare le prime navi dal ‘67 E il tuo mare racconta, c’è da raccontare, che cosa si vuole dopo quel terrore Che non è difficile immaginare che si vuole una vita normale. Navigare, navigare Mani ferme sul timone Con il sole sulla faccia Barra dritta, Utopia Navigare, navigare Con le ali di gabbiano Né bandiere né frontiere Il mare è di chi resta umano Il silenzio dei bambini che ti guardavano giocare quel piccolo abbandono che vi ha fatto abbracciare Sulle strade troppo strette di un quartiere senza nome Un gioco che ti consegnava alla tua rivoluzione Che poi sarebbe meglio dire che è la tua rivolta ma il mondo non ascolta e tu ti lasci trasportare Dalle onde così alte che ti sembrano colline sono storie, rose, spine, che non smetti di ascoltare Hamza, il miscredente che un giorno si è convertito ed è morto, l’arma in pugno ma dov’è il suo paradiso? E Maha che in una terra sempre più verde di martirio si toglie il velo dalla testa, basta con il sacrificio E Fida che al contrario il velo lei non lo portava e decide di volerlo, non vuole essere schiava E poi tutti i tuoi amici contadini, pescatori, minatori dentro al tunnel, di una terra senza un fuori E chi distilla l’alcool, e chi canta la sua canzone e chi sogna un’altra terra, e le coppie che fanno l’amore E la vita che ci prova, ci prova ad essere normale e c’è sempre tutto un mondo che si deve liberare Navigare, navigare Mani ferme sul timone Con il sole sulla faccia Barra dritta, Utopia Navigare, navigare Con le ali di gabbiano Né bandiere né frontiere Il mare è di chi resta umano
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Canzone dedicata a Vittorio Arrigoni (Vik), militante e sostenitore della causa palestinese.

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