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La Neva contemplava
della folla umile e oscura
il pianto silenzioso e la tortura.
La plebe sanguinava
come Cristo sulla Croce
svenata dalla monarchia feroce
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
che infranse le catene del servaggio
e sterminò le piovre fino in fondo.
Quell'uomo fu Lenin
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Do Sol
La Neva contemplava
Do Fa
della folla umile e oscura
Do Re Sol
il pianto silenzioso e la tortura.
Do Sol
La plebe sanguinava
Do Fa
come Cristo sulla Croce
Do Sol Fa
svenata dalla monarchia feroce
Sol
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Do Sol
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Rem Sol Do
che infranse le catene del servaggio
Sol
e sterminò le piovre fino in fondo.
Do
Quell'uomo fu Lenin
Sol Do
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Do# Sol#
La Neva contemplava
Do# Fa#
della folla umile e oscura
Do# Re# Sol#
il pianto silenzioso e la tortura.
Do# Sol#
La plebe sanguinava
Do# Fa#
come Cristo sulla Croce
Do# Sol# Fa#
svenata dalla monarchia feroce
Sol#
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Do# Sol#
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Re#m Sol# Do#
che infranse le catene del servaggio
Sol#
e sterminò le piovre fino in fondo.
Do#
Quell'uomo fu Lenin
Sol# Do#
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Re La
La Neva contemplava
Re Sol
della folla umile e oscura
Re Mi La
il pianto silenzioso e la tortura.
Re La
La plebe sanguinava
Re Sol
come Cristo sulla Croce
Re La Sol
svenata dalla monarchia feroce
La
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Re La
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Mim La Re
che infranse le catene del servaggio
La
e sterminò le piovre fino in fondo.
Re
Quell'uomo fu Lenin
La Re
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Re# Sib
La Neva contemplava
Re# Sol#
della folla umile e oscura
Re# Fa Sib
il pianto silenzioso e la tortura.
Re# Sib
La plebe sanguinava
Re# Sol#
come Cristo sulla Croce
Re# Sib Sol#
svenata dalla monarchia feroce
Sib
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Re# Sib
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Fam Sib Re#
che infranse le catene del servaggio
Sib
e sterminò le piovre fino in fondo.
Re#
Quell'uomo fu Lenin
Sib Re#
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
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e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
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è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
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Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
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Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Mi Si
La Neva contemplava
Mi La
della folla umile e oscura
Mi Fa# Si
il pianto silenzioso e la tortura.
Mi Si
La plebe sanguinava
Mi La
come Cristo sulla Croce
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svenata dalla monarchia feroce
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che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
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Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
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che infranse le catene del servaggio
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e sterminò le piovre fino in fondo.
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Quell'uomo fu Lenin
Si Mi
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
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ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
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La Neva commossa
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che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Fa Do
La Neva contemplava
Fa Sib
della folla umile e oscura
Fa Sol Do
il pianto silenzioso e la tortura.
Fa Do
La plebe sanguinava
Fa Sib
come Cristo sulla Croce
Fa Do Sib
svenata dalla monarchia feroce
Do
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Fa Do
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Solm Do Fa
che infranse le catene del servaggio
Do
e sterminò le piovre fino in fondo.
Fa
Quell'uomo fu Lenin
Do Fa
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
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ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Fa# Do#
La Neva contemplava
Fa# Si
della folla umile e oscura
Fa# Sol# Do#
il pianto silenzioso e la tortura.
Fa# Do#
La plebe sanguinava
Fa# Si
come Cristo sulla Croce
Fa# Do# Si
svenata dalla monarchia feroce
Do#
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Fa# Do#
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Sol#m Do# Fa#
che infranse le catene del servaggio
Do#
e sterminò le piovre fino in fondo.
Fa#
Quell'uomo fu Lenin
Do# Fa#
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Sol Re
La Neva contemplava
Sol Do
della folla umile e oscura
Sol La Re
il pianto silenzioso e la tortura.
Sol Re
La plebe sanguinava
Sol Do
come Cristo sulla Croce
Sol Re Do
svenata dalla monarchia feroce
Re
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Sol Re
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Lam Re Sol
che infranse le catene del servaggio
Re
e sterminò le piovre fino in fondo.
Sol
Quell'uomo fu Lenin
Re Sol
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
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La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
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Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
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O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
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Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
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Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Sol# Re#
La Neva contemplava
Sol# Do#
della folla umile e oscura
Sol# Sib Re#
il pianto silenzioso e la tortura.
Sol# Re#
La plebe sanguinava
Sol# Do#
come Cristo sulla Croce
Sol# Re# Do#
svenata dalla monarchia feroce
Re#
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Sol# Re#
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Sibm Re# Sol#
che infranse le catene del servaggio
Re#
e sterminò le piovre fino in fondo.
Sol#
Quell'uomo fu Lenin
Re# Sol#
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
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ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
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Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
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Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
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E l'eco ripetè a tutta la Terra:
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La Neva altri prodigi
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L'incendio all'universo si estendeva.
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Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
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O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
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Là, sulla sacra Neva
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Compagni, su mostriamo
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Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
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La Mi
La Neva contemplava
La Re
della folla umile e oscura
La Si Mi
il pianto silenzioso e la tortura.
La Mi
La plebe sanguinava
La Re
come Cristo sulla Croce
La Mi Re
svenata dalla monarchia feroce
Mi
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
La Mi
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Sim Mi La
che infranse le catene del servaggio
Mi
e sterminò le piovre fino in fondo.
La
Quell'uomo fu Lenin
Mi La
liberator del mondo.
La Neva trasportava
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il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
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destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
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La Neva commossa
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La pura salma rossa
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Ben disse il duce degli Spartachiani:
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E l'eco ripetè a tutta la Terra:
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non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
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L'incendio all'universo si estendeva.
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Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
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Sib Fa
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Sib Fa
La plebe sanguinava
Sib Mib
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Sib Fa Mib
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Fa
che non paga di forche e di Siberia
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Sib Fa
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Dom Fa Sib
che infranse le catene del servaggio
Fa
e sterminò le piovre fino in fondo.
Sib
Quell'uomo fu Lenin
Fa Sib
liberator del mondo.
La Neva trasportava
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il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Si Fa#
La Neva contemplava
Si Mi
della folla umile e oscura
Si Do# Fa#
il pianto silenzioso e la tortura.
Si Fa#
La plebe sanguinava
Si Mi
come Cristo sulla Croce
Si Fa# Mi
svenata dalla monarchia feroce
Fa#
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Si Fa#
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
Do#m Fa# Si
che infranse le catene del servaggio
Fa#
e sterminò le piovre fino in fondo.
Si
Quell'uomo fu Lenin
Fa# Si
liberator del mondo.
La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.
La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".
La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!
Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!
Informazioni
Sull'aria de "La leggenda del Piave". Canto che esprime le "febbrili speranze che nutriva nel 1919 il proletariato italiano. Tali speranze (che a molti apparivano certezza) non si realizzarono: si scatenò invece la più bestiale e crudele reazione della storia" (da "Canti Comunisti, di Spartacus Picenus).
Fonte
Spartacus Picenus, Canti comunisti, Milano, Edizioni del Calendario del Popolo, 1967
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