E' ffinidi i bozzi boni
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Canto delle filandere marchigiane che descrive la candizione delle operaie, e le varie figure gerarchiche e di controllo sulle lavoratrici. Si confronti con Mama mia mi sun stufa, con cui condivide numeosi elementi.
La produzione della seta, diffusa nelle Marche dal Seicento in poi, è fortemente legata al mondo rurale. Gli opifici rappresentano uno dei principali esempi della struttura protoindustriale marchigiana dell’Ottocento, e sono il vero e proprio anello di congiunzione tra città e campagna. Contadini e mezzadri infatti arrotondano i loro guadagni allevando i bachi, mentre nei centri urbani sono attive le filande tra le poche attività extragricole. A Jesi nel 1837, per opera del pioniere Pasquale Mancini, nasce la prima filanda, nel breve arco di un anno, la produzione di bozzoli salirà da 129.000 a 175.000 libbre. Venti anni dopo, nel 1858, le filande diventeranno sette per arrivare al numero di dodici agli albori del nuovo secolo. All'epoca, su una popolazione di 23.000 abitanti, si conteranno ben 1.055 operaie occupate negli stabilimenti cittadini.
La Macina, LP, Vene il sabado e vene il venere... Canti e tradizioni popolari della cultura orale marchigianaraccolti nell'anconetano, Madau-Dischi-MD07,1982
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roberta il 05/11/2015 - 22:18 ha scritto:
Canto trasmessoci da Lorenzo Valera, nel corso del seminario sul canto popolare e di lotta, tenuto a Genova il 9 e 10 maggio 2015, presso la Casa Occupata Pellicceria. Nella pagina dedicata a questo canto nel sito del coro Voci di mezzo, si può ascoltare un file audio dell'esecuzione
http://www.vocidimezzo.it/repertorio/canti-del-lavoro/e-finidi-li-bozzi-boni/