Lamento per la morte di Turiddu Carnevale

Lamento per la morte di Turiddu Carnevale

Canto originale: Lamentu ppi la morti di Turiddu Carnivali

Lingua traduzione: italiano

Lingua originale: siciliano

È arrivato Cicciu Busacca per farvi sentire la storia di Turiddu Carnivali il socialista morto a Sciara ammazzato dalla mafia Per Turiddu Carnivali piange la madre e piangono tutti i poveri della Sicilia perché Turiddu Carnivali morì ammazzato per difendere il pane dei poveri Ed ora sentite perché c'è da sentire nella storia di Turiddu Carnivali La storia vi dice: Angelo era e non aveva ali non era santo e miracoli faceva saliva in cielo senza corde e scale e senza sostenersi ne scendeva; era l'amore il uso capitale, questa ricchezza con tutti la spartiva: Turiddu Carnevale nominato che come Cristo morì ammazzato. Da piccolo il padre non conobbe ebbe la madre sventurata al fianco compagna nel dolore e nelle pene del pane nero a fatica sudato; Cristo benedicendolo gli disse: «Tu, figlio mio, morirai ammazzato; i padroni di Sciara, quei dannati, ammazzano chi vuole libertà». Sciara per qualcuno che non lo sa è un piccolo paese della provincia di Palermo dove ancora oggi regna e comanda la mafia QuindiTuriddu aveva i giorni contati, ma incontrando la morte ne rideva, ché vedeva i fratelli condannati sotto i piedi della tirannia, le carni dal lavoro macinate poste sul ceppo a farne tortura, e sopportare non poteva l'abuso né del barone, né del mafioso. Turiddui poveri radunò c on tanto amore, i dorminterra, le facce a tridente, i mangiapoco con il fiato chiuso: il tribunale dei penitenti; di questa carne fece lega e polso ed arma per combattere i padroni di quel paese esiliato e oscuro dove la storia aveva trovato un muro. Disse al giornaliero: «Tu sei nudo e la terra è vestita in pompa magna tu la zappi sudando come un mulo e stai all'impiedi secco, una lasagna; viene raccolto e a colpo sicuro il padrone il prodotto arraffa e tu che fosti sempre sulla terra apri le mani e ci raccogli pianto. Fatti coraggio, tremare non devi, verrà il giorno che scende il Messia, il socialismo con il manto d'ali che porta pace pane e poesia; vieni se tu lo vuoi, se tu sei santo, se sei nemico della tirannia, se abbracci questa fede e questa scuola che amore dona e gli uomini consola. Sì,il socialismo con la sua parola prende da terra gli uomini e li innalza e scorre come acqua di fontana e dove arriva rinfresca e sana e dice che la carne non è cuoio e neppure farina da impastare: tutti uguali, lavoro per tutti, tu mangi pane se lavori e sudi». Disse ai giornalieri: «Nelle grotte, nelle tane dormite e nelle stalle siete come i topi delle fogne vi saziate di fagioli e torsoli; ottobre vi lascia a labbra asciutte e giugno con i debiti ed i calli dell'ulive ne avete le ramaglie e delle spighe la stoppia e la paglia». Disse: «La terra è di chi lavora, prendete le bandiere e gli zapponi!»: e prima ancora che spuntasse l'alba fecero conche e scavarono fossi: la terra sembrò tavola imbandita, viva, di carne come una persona; e sotto il rosso di quelle bandiere parve un gigante ogni giornaliero. Di corsa vennero i carabinieri con le catene ed i fucili in mano Gridò Turiddu: «Fatevi indietro! Qui non ci sono ladri né assassini, ci sono, cani, gli afflitti giornalieri che non hanno più sangue nelle vene: se voi cercate ladroni e briganti li trovate nei palazzi, con le amanti». Il maresciallo fece un passo avanti, disse: «La legge ciò non vi consente». Turiddu gli rispose fieramente: «La vostra legge è quella dei prepotenti, ma c'è una legge che non sbaglia e mente e dice: pane per le pance vuote, vestiti agli ignudi, acqua agli assetati e a chi lavora onore e libertà». Giusto diceva Turiddu Carnivali anche nella Bibbia sono scritte queste parole: «Roba ai nudi! Acqua agli assetati! A chi lavora onore e libertà!» Ma la mafia che cosa pensava? La mafia ragionava a fucilate; questa legge ai padroni non garbava, erano come cani arrabbiati coi denti conficcati nei garretti. Poveri giornalieri sfortunati che addosso li tenete a morsicarvi! Turiddu conosceva quelle bestie e stava all'erta se vedeva siepi. Tornò una sera in casa senza ali gli occhi lontani ed il pensiero pure: «Mangia, figliolo mio, cuore leale...»; Ma più lo guarda, più lo vede scuro: «Figlio questo lavoro ti fa male», e con la mano s'appoggiava al muro. «Madre», disse Turiddu e la guardò: «Mi sento bene». E la testa chinò. Quella è stata l'ultima volta che Turiddu è stato minacciato dalla mafia Dico l'ultima volta perché l'avevano minacciato centinaia di volte Tante volte magari avevano provato a pigliarlo con le buone offrendoci del denaro «Turiddu stai attento tu stai facendo una strada sbagliata ti sei messo contro i padroni e sai che chi si mette contro i padroni può fare una brutta fine Da un giorno all'altro ti può succedere qualche disgrazia» Turi a queste minacce rispondeva sempre con la stessa risposta: «Sono pronto a morire per i contadini Anche io sono un contadino Ho avuto la fortuna di leggere qualche libro e so quello che ce dovete fare ai contadini: quello che ce spetta E voi padroni glielo dovete dare». «Turiddu stai attento a quello che fai t'abbiamo avvertito tante volte stai attento» Turiddu quella sera si era ritirato a casa con quella minaccia ancora incisa nel cervello e non appena arrivò a casa la madre ce fa trovare la minestra pronta come tutte le sere Non appena lo vede arrivare è contenta «Turiddu sei arrivato figlio mio La minestra è pronta mangia». Ma Turi quella sera non aveva fame «Mamma lascia perdere Questa sera ho tante cose da pensare Non ho fame» La madre ha capito che Turiddu l'avevano minacciato ancora una volta. «Figlio, tu sei stato minacciato; sono tua madre, non avere segreti!» «Madre, il mio giorno è giunto»; e sospirando «Cristo fu ammazzato e fu innocente!» «Figlio, il cuore mio si è fermato: tu ci piantasti tre spade pungenti!» Gente che siete qui, gridate forte: la madre vide il figlio morto in croce. 'Sta volta i mafiosi hanno mantenuto la promessa L'indomani mattina mentre Turiddu andava a lavorare nella cava durante la trazzera gli hanno sparato due colpi di lupara in faccia che l'hanno sfigurato Non si dimentica mai quella mattina: sedici maggio millenovecentocinquantacinque Sedici maggio. l'alba in cielo splende, e il castello alto sopra Sciara di fronte al mare rilucente come un altare sopra di una bara; e tra mare e castello quel mattino una croce si vide all'aria chiara sotto la croce un morto, e con gli uccelli il piangere dei poveri a dirotto. E come si può dimenticare mai quel sedici maggio a Sciara? Dopo un'ora che Turi era partito da casa la madre si sente bussare alla porta furiosamente (la madre ancora era a letto) Era l'alba «Francesca! Donna Francesca! Signora Francesca, aprite! Aprite, è successa una disgrazia! Hanno ammazzato Turiddu Hano ammazzato vostro figghiu Turiddu gli hanno sparato due colpi di lupara in faccia che l'hanno sfigurato L'hanno ammazzato Turiddu, l'hanno ammazzato!» Dirlo così è facile Ma lo pensate per quella povera madre che aveva soltanto quel figlio al mondo come si veste in fretta e in furia e incomincia a girare per tutte le strade del paese gridando invocando i poveri a seguirla per andare a piangere sul cadavere di suo figlio. Gridava: «Figlio!» per strade e vicoli la madre angosciata che correva verso il morto a vorticoso turbine a fascio di sarmenti che brucia dentro il forno col vento agli sportelli: «Correte tutti a piangere con me! Poveri, uscite dalle vostre tane, morì ammazzato per il vostro pane!». Sono arrivati i poveri dove c'era il cadavere di Turiddu ma nessuno poteva passare Nessuno poteva guardare Turiddu per l'ultima volta Turiddu era circondato di carabinieri La madre si inginocchia di fronte ai carabinieri «Carabiniere, se sei un cristiano... non mi toccare, scostati di qui, non vedi che son torce le mie mani e accendo come polvere nel fuoco; questo è mio figlio, vattene lontano, lascia che il pianto ed il dolore sfoghi, lascia che sciolga la colomba bianca che tiene in petto nella parte manca. Carabiniere, se sei cristiano non vedi che sta perdendo il suo sangue fino fammi accostare che gli levo piano quella pietra che tiene per cuscino, sotto la faccia gli metto le mani sopra il suo petto il mio cuore vicino e con il pianto le sue ferite sano prima che faccia giorno domattina. Prima che faccia giorno l'assassino trovo e il cuore gli strappo con le mani lo porto trascinandolo innanzi al prete: suonate le campane, sagrestano! Mio figlio aveva il sangue d'oro fino e questo l'ha d'orina di pantano chiamategli una tigre per becchino la fossa gliela scavo con le mani! Figlio, che dico? La testa mi si confonde; oh, se non fosse per la fede mia! Il socialismo che apre le braccia e che mi dà speranza e coraggio; me lo insegnasti e mi tenevi in braccio ed io sopra le mani ti piangevo tu mi asciugasti con il fazzoletto io mi sentivo morire d'amore. Tu mi parlavi some un confessore io ti parlavo come penitente ora disfatta per tanto dolore la voce do a quei comandamenti: voglio morire del tuo stesso amore voglio morire con questi sentimenti. Figlio, te l'ho rubata la bandiera: madre ti sono e compagna sincera!»
È arrivato Cicciu Busacca* per farvi sentire la storia di Turiddu Carnivali lu sucialista che morì a Sciara ammazzato dalla mafia Ppi Turiddu Carnivali chianci so' matri e chiancinu tutti li puvureddi nella Sicilia perché Turiddu Carnivali murì ammazzato ppe difendere lu pane de li puvureddi Ed ora sèntiri perché c'è di sèntiri nella storia di Turiddu Carnivali La storia vi dici: Ancilu era e nun avia ali nun era santu e miraculi facìa, 'n cielu acchianava senza cordi e scali e senza appidamenti nni scinnia; era l'amuri lu so' capitali e 'sta ricchizza a tutti la spartìa: Turiddu Carnivali nnuminatu ca comu Cristu nni muriu ammazzatu. Di nicu lu patruzzu nun canuscìu, appi la matri svinturata a latu campagna a lu duluri e a lu pinìu ed a lu pani nivuru scuttatu; Cristu di 'n cielu lu binidicìu ci dissi: «Figghiu, tu mori ammazzatu, a Sciara li patruna, armi addannati, ammazzanu a cu voli libirtati». Sciara per qualcuno che non lo sa è un piccolo paese della provincia di Palermo dove ancora oggi regna e comanda la mafia QuindiTuriddu avia li jorna cuntati, ma 'ncuntrava la morti e ci ridìa ca videva li frati cunnannati sutta li pedi di la tirannia, li carni di travagghiu macinati supra lu cippu a farinni tumìa, e suppurtari nun putìa l'abbusu di lu baruni e di lu mafiusu. Turiddu s'arricugghìu li poviri, amurusu,li dorminterra, li facci a tridenti, li manciapicca cu' lu ciatu chiusu: lu tribunali di li pinitenti; e fici liga di 'sta carni e pusu ed arma pi luttari li putenti nni ddu paisi esiliatu e scuru unni la storia avia truvatu un muru. Dissi a lu jurnataru: «Tu si' nudu, e la terra è vistuta a pompa magna, tu la zappi e ci sudi comu un mulu e si' all'additta comu na lasagna, veni la cota ed a corpu sicuru lu patroni li beni s'aggranfagna e tu chi fusti ogni matina all'antu grapi li manu ed arricogghi chiantu. Ma fatti curaggiu e nun aviri scantu ca veni jornu e scinni lu Misia, lu sucialismu cu' l'ali di mantu ca porta pani, paci e puisia; veni si tu lu voi, si tu si' santu, si si' nnimicu di la tirannia, s'abbrazzi a chista fidi e a chista scola ca duna amuri e all'omini cunzola. Sì,lu sucialismu cu' la so' parola pigghia di 'n terra l'omini e l'acchiana, e scurri comu acqua di cannola ed unni passa arrifrisca e sana e dici: ca la carni nun è sola e mancu è farina ca si scana; uguali tutti, travagghiu pi tutti, tu manci pani si lu sudi e scutti». Dissi a lu jurnateri: «'Ntra li grutti 'ntra li tani durmiti e 'ntra li staddi, siti comu li surci di cunnutti ca v'addubbati di fasoli e taddi; ottùviru vi lassa a labbra asciutti giugnettu cu' li debiti e li caddi, di l'alivi n'aviti la ramagghia e di la spiga la coffa e la pagghia». Dissi: «La terra è di cu la travagghia, pigghiati li banneri e li zappuna». E prima ancora chi spuntassi l'arba ficiru conchi e scavaru fussuna: la terra addiventau una tuvagghia, viva, di carni comu 'na pirsuna; e sutta lu russiu di li banneri parsi un giganti ogni jurnateri. Curreru lesti li carrubbineri cu' li scupetti 'n manu e li catini. Turiddu ci gridau: «Fàtivi arreri! cca latri nun ci nn'è, mancu assassini, ci sunnu, cani, l'affritti jurnateri ca mancu sangu ci hannu 'ntra li vini: siddu circati latruna e briganti, 'n palazzu li truvati, e cu l'amanti!». Lu marasciallu fici un passu avanti, dissi: «Chistu la liggi un lu cunsenti». Turiddu ci rispusi senza scanti: «Chista è la liggi di li priputenti, ma c'è na liggi ca nun sbagghia e menti, ca dici: pani a li panzi vacanti, robbi a li nudi, acqua a l'assitati, e a cu travagghia onuri e libirtati!». Giusto diceva Turiddu Carnivali anche nella Bibbia sono scritte queste parole: «Roba ai nudi! Acqua agli assetati! A chi lavora onore e libertà!» Ma la mafia che cosa pensava? La mafia pinsava a scuppittati; 'sta liggi nun garbava a li patruna, eranu comu li cani arrabbiati cu' li denti appizzati a li garruna; poviri jurnateri sfurtunati ca l'aviti di supra a muzzicuna! Turiddu si guardava d'idd'armali e stava all'erta si vidia sipàli. 'Na sira turnò in casa senza ali l'occhio luntanu e lu pinseri puru: «Mancia figghiuzzu miu, cori liali...»; ma lu guardau e si lu vitti scuru: «Figghiu, 'stu travagghiari ti fa mali». e s'appujau 'na manu a lu muru. «Matri», dissi Turiddu, e la guardau: «Bonu mi sentu». E la testa calau. Quella è stata l'ultima volta che Turiddu è stato minacciato dalla mafia Dico l'ultima volta perché l'avevano minacciato centinaia di volte Tante volte magari avevano provato a pigliarlo con le bbone offrendoci del denaro «Turiddu stai attento tu stai facendo una strada sbagliata ti sei messo contro i padroni e sai che chi si mette contro i padroni può fare una brutta fine Da un giorno all'altro ti può succedere qualche disgrazia» Turi a queste minacce rispondeva sempre con la stessa risposta: «Sono pronto a morire per i contadini Anche io sono un contadino Ho avuto la fortuna di leggere qualche libro e so quello che ce dovete fare ai contadini: quello che ce spetta E voi padroni glielo dovete dare». «Turiddu stai attento a quello che fai t'abbiamo avvertito tante volte stai attento» Turiddu quella sera si era ritirato a casa con quella minaccia ancora incisa nel cervello e non appena arrivò a casa la madre ce fa trovare la menestra pronta come tutte le sere Non appena lo vede arrivare è contenta «Turiddu sei arrivato figlio mio La menestra è pronta mangia». Ma Turi quella sera non aveva fame «Mamma lascia perdere Questa sera ho tante cose da pensare Non ho fame» La madre ha capito che Turiddu l'avevano minacciato ancora una volta. «Figghiu, cu fui t'amminazzau? Sugnu to' matri, un m'ammucciari nenti». «Matri, vinni lu jornu»; e suspirau: «a Cristu l'ammazzaru e fu 'nnucenti!». «Figghiu, lu cori miu assincupau, mi ci chiantasti tri spati puncenti!». Genti ca siti ccà, faciti vuci: dda matri si lu vitti mortu 'n cruci. 'Sta volta i mafiusi hanno mantenuto la promessa L'indomani mattina mentre Turiddu andava a lavorare nella cava durante la trazzera ci hanno sparato due colpi di lupara in faccia che l'hanno sfigurato Non si dimentica mai quella mattina: sedici maggio millenovecentocinquantacinque Sidici maju l'arba 'n cielu luci e lu casteddu àutu di Sciara che guardava lu mari chi stralluci comu n'artaru supra di na vara; e tra mari e casteddu na gran cruci si vitti dda matina all'aria chiara, sutta la cruci un mortu, e cu' l'aceddi lu chiantu ruttu di li puvureddi. E come si può dimenticare mai quel sedici maggio a Sciara? Dopo un'ora che Turi era partito da casa la madre se sente bussare alla porta furiosamente (la madre ancora era a letto) Era l'alba «Francesca! Donna Francesca! Signora Francesca, aprite! Aprite, è successa una disgrazia! Hanno ammazzato a Turiddu Hano ammazzato a vostro figghiu Turiddu ci hanno sparato due colpi di lupara in faccia che l'hanno sfigurato L'hanno ammazzato a Turiddu, l'hanno ammazzato!» Dirlo così è facile Ma lo pensate per quella povera madre che aveva soltanto quel figlio al mondo come si veste in fretta e in furia e incomincia a girare per tutte le strade del paese gridando invocando i poveri a seguirla per andare a piangere sul cadavere di suo figlio. Gridava: «Figghiu!» pi strati e vaneddi la strangusciata matri chi curria versu lu mortu a stramazzamareddi, a fasciu di sarmenti, chi camìa dintra lu furnu e ventu a li purteddi: «Curriti tutti a chianciri cu mia! Puvireddi, nisciti di li tani, morsi ammazzatu pi lu vostru pani!». Sono arrivati i poveri dove c'era il cadavere di Turiddu ma nessuno poteva passare Nessuno poteva guardare Turiddu per l'ultema volta Turiddu era circondato di carrabbineri La madre si inginocchia di fronte ai carrabbineri «Carrubbineri, mi si' cristianu... - Nun mi tuccari, levati di ddocu, nun vidi ca su' torci li me manu e addumu comu pruvuli a lu focu; chiddu è me figghiu, vattinni luntanu quantu lu chianciu e lu duluri sfogu, quantu ci sciogghiu dda palumma bianca c'havi dintra lu pettu a manu manca. Carrubbineri, mi si' cristianu, nun vidi ca ci cula sangu finu? Fammi 'ncugnari ca ci levu chianu dda petra ch'havi misa ppi cuscinu, sutta la facci ci mettu li me manu supra lu pettu 'stu cori vicinu e cu' lu chiantu li piaghi ci sanu primu c'agghiorna dumani matinu. Prima c'agghiorna trovu l'assassinu e ci scippu lu cori cu' 'sti manu, lu portu strascinannu a lu parrinu: e ci dicu: sunati, sacristanu! Me figghiu avia lu sangu d'oru finu e chistu di pisciazza di pantanu, chiamaticci na tigri ppi bicchinu la fossa ci la scavu cu' 'sti manu. Figghiu, chi dicu, la testa mi sguazza, ah, si nun fussi ppi la fidi mia, la sucialismu chi grapi li vrazza e mi duna la spranza e la valìa; mi lu 'nzignasti e mi tinevi 'n brazza ed iu supra li manu ti chiancia, tu m'asciucavi cu lu muccaturi iu mi sinteva moriri d'amuri. Tu mi parravi comu un confissuri iu ti parrava comu pinitenti, ora disfatta pi tantu duluri ci dugnu vuci a li cumannamenti: vogghiu muriri cu' 'stu stissu amuri vogghiu muriri cu' 'sti sintimenti. Figghiu, ti l'arrubbau la bannera: matri ti sugnu e cumpagna sincera!»
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