Vinni cu' vinni, e cc'è lu triculuri
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Pubblicata la prima volta nel 1867, poi inserita da Leydi in Canti sociali italiani (Milano 1963).
Il testo completo (dalla terza strofa in poi) sono state segnalate da Mimmo Mòllica, che scrive:
"Vinni cû vinni è un bellissimo esempio di poesia popolare del Risorgimento. Il canto esprime l’entusiasmo del popolo siciliano per l’arrivo del leggendario Garibaldi, atteso come il liberatore. Nella sestina, qua cantata in due quartine, è espressa l’immagine dell’eroe secondo il sentimento delle masse popolari: un san Michele Arcangelo venuto a liberare la Sicilia dal Borbone oppressore e a vendicarne i morti, con il suo sguardo da Gesù Cristo e l’autorità di Carlo Magno nel comandare.
Nell’ultima ottava, il giudizio espresso a fatti avvenuti diventa satira nei confronti di Francesco II «poveretto» (detto Pepè, dal nome di uno scemo palermitano, v. Salomone Marino). Ovviamente, artefice delle disavventure di Francesco II è sempre Garibaldi: il martello che gli ripassò i chiodi, che il popolo siciliano celebrò tra il mito e la leggenda, riconoscendogli capacità soprannaturali e discendenze divine: i palermitani, infatti, lo credettero discendente di Santa Rosalia, per assonanza con Sinibaldi, nome del padre della Santuzza. Garibaldi perciò, per i siciliani, fu il liberatore dalla spada fatata, ‘consanguineo’ di Santa Rosalia, figlia del Signore della Quisquina e del Monte delle Rose. L’equivoco era piuttosto diffuso nei canti e nelle leggende popolari dell'Isola".
Vettori Giuseppe, Canzoni italiane di protesta 1794 - 1974, Roma, Newton Compton, 1975
VINNI CU VINNI ® 1978 Polydor, Distribuzione Phonogram S.p.A., Edizioni Intersong Italiana
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