Stornelli viterbesi (So'stato al lavorà)

Stornelli viterbesi (So'stato al lavorà)

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1) So' stato a lavorà pe' coprì er fosso; un giorno o l'altro lo farò un fracasso: pe' sei e cinquanta lavorà nun posso, me torna mejo conto de stà a spasso. Ma chi magna la carne e chi l'osso: è l'ora adesso de cambiallo er passo. Nun è più tempo de vecchi fascisti, in Italia semo tutti comunisti. 2) Ci alziamo la mattina e guardiamo intorno perché noi non sappiamo dove andiamo in cerca di lavoro è proibbito che nun se trova manco a batte un chiodo E mi moje che me sgrida dice: Oddio che brutta vita! Vita da cani perché noi siamo tutti disoccupati. 3) Cinque guerre ci ha dato re Vittorio più vent'anni de fascio obbligatorio non contento di tutto l'animale cercava ancora un posto ar Quirinale. Nel diciannove dopo il conflitto immane il popolo chiede al re lavoro e pane ai reduci del Carso sul mantello je rispose con ojo e manganello. 4) Prima che se cantava Bandiera rossa tutti se guadagnava quarche cosa; adesso che se canta Giovinezza ce fanno morì a tutti de debolezza. Finche gira questa rota la saccoccia è sempre vota: co 'sto bell'uso ce fanno sdiggiunà er pezzo der muso. 5) Cent'anni fa, mannaggia la paletta, li muratori annaveno in carrozza; se lavorava come 'na saetta, tutti se guadagnaveno la stozza. Ma adesso, poveracci, nun se ponno fà du' stracci. Co' questa vita sarebbe ora da falla fenita.
Informazioni

Raccolti a Viterbo e a Roma tra il 1969 e il 1971, da diversi informatori.

Fonte

Canzoniere del Lazio,  LP  Quando nascesti tune, Dischi del Sole  DS 1030/3, 1973

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