La Maria Antonia

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GRANDUCHESSA: Il dì ch'io tornerò ne' mi' paesi mi rivedran ne' mie' sembianti veri Vo'colle trecce delle livornesi farmi le materassa e gli origlieri Sopra il trofeo dei miei diritti offesi avrò sogni più dolci e lusinghieri Io le farò tosar da' mi' croati come barboni 'un furon mai tosati POPOLANA: Altezza queste trecce o nere o bionde l'abbiam già tronche noi di propria mano per tender l'archi e risarcir le fionde ai difensori dell'onor toscano or fasceran le margini profonde ai volontari del lombardo piano Ma voi non ci godrete ore tranquille vi pungeranno, altezza, al par di spille Addio Livorno, addio paterne mura forse mai più non vi potrò vedere i miei parenti sono in sepoltura e lo mio damo è sotto alle bandiere io vado a seguitare alla ventura un’arma in mano anch’io la so tenere.
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Scritto da F.Dall'Ongaro, ricorda il benevolo e materno affetto di Maria Antonietta seconda moglie di Leopoldo di Lorena detto Canapone, granduca di Toscana, che, emula della prozia che voleva che ci era senza pane si comprasse brioches, secondo l'opinione personale di Dell'Ongaro (non sostenuta da alcuna prova) avrebbe  immaginato di vendicarsi sulle donne di Livorno per la perdita del potere, tra l'autunno del '48 e la primavera del '49.

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